Lo sappiamo tutti ormai, in Italia la maggior parte delle cause di un prezzo finale così alto è dovuto alle accise e dall’IVA. Per chi non lo sapesse, le accise sono un tipo particolare di imposta che colpisce un bene nel momento in cui viene consumato, e gravano per buona parte sul prezzo finale, anche di più dell’intero prezzo industriale. L’IVA, al 22 per cento, completa l’opera.
Ma vediamole queste accise:
- 0,000981 euro: finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936;
- 0,00723 euro: finanziamento della crisi di Suez del 1956;
- 0,00516 euro: ricostruzione post disastro del Vajont del 1963;
- 0,00516 euro: ricostruzione post alluvione di Firenze del 1966;
- 0,00516 euro: ricostruzione post terremoto del Belice del 1968;
- 0,0511 euro: ricostruzione post terremoto del Friuli del 1976;
- 0,0387 euro: ricostruzione post terremoto dell’Irpinia del 1980;
- 0,106 euro: finanziamento della guerra del Libano del 1983;
- 0,0114 euro: finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
- 0,02 euro: rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
- 0,005 euro: acquisto di autobus ecologici nel 2005;
- 0,0051 euro: terremoto dell’Aquila del 2009;
- da 0,0071 a 0,0055 euro: finanziamento alla cultura nel 2011;
- 0,04 euro: arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011;
- 0,0089 euro: alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011;
- 0,082 euro (0,113 sul diesel): decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011;
- 0,02 euro: terremoti dell’Emilia del 2012.
Il totale di suddetti incrementi dell’accisa, stabiliti prima dal Regno d’Italia e poi dalla Repubblica Italiana, ammonta a circa 0,41 euro (0,50 euro IVA inclusa). Da precisare che dal 1999 un decreto legislativo permette alle varie Regioni di imporre una accisa autonoma sulla benzina.
A tutto questo si somma la cosiddetta imposta di fabbricazione sui carburanti, che porta il totale finale a 72,42 cent per litro per la benzina verde e 61,32 cent per il gasolio IVA esclusa. Aggiunta anche questa, al 22%, si ottengono 88,35 cent nel primo caso e 74,81 cent nel secondo.
Le accise, anche quelle più vecchie, sono state inserite per reperire nuovi fondi e poi lasciate lì, quasi a stagnare, in modo che su quelle entrate si potesse contare anche quando le reali motivazioni erano ormai concluse. Dopotutto perché annullare una voce delle entrate che permette di avere maggiori fondi e che risulta essere lì da anni?
La prima nacque nel 1935 per opera di Mussolini che con 1.90 lire finanziava la Guerra in Abissinia. Il 5 maggio del 1936 il conflitto giunse a termine, ma qualcuno potrebbe non aver avvisato lo Stato Italiano che ancora conta un’accisa con questa motivazione. Non è l’unica, ma è la più vecchia. Sono molte le accise che non hanno più senso di esserci vuoi perché hanno concluso il loro compito, vuoi perché la situazione che finanziavano non è più in essere.
Pensare che se però è un cittadino a firmare un documento adducendo a una richiesta di denaro, rimborso o che altro, per questioni che non sono più in auge, si rischiano pesantissime sanzioni. Invece lo Stato può.
E fortuna vuole che non siamo parte dell’Impero Romano, che altrimenti tra guerre Puniche, Vallo di Adriano e invasione della Tracia avremmo avuto un bel po’ di accise in più…
Di: http://zapping2017.myblog.it